
Mentre percorro in vaporetto il canal
grande, facendolo spesso quasi non mi rendo conto, del dondolio
del mezzo sulle onde. È una cosa normale per i veneziani
essere dondolati, coccolati dalle acque della propria città
e non ne hanno più consapevolezza. Eppure questo essere
come in un grembo lascia qualcosa dentro di noi, rilassa
e non ce ne rendiamo conto. In questo rilassamento la gente
guarda il paesaggio che le scorre accanto e non riesce vedere
quello che l'occhio allenato di un fotografo vede.
Di vivere in un mondo diverso, in mezzo ad un microuniverso
sospeso tra cielo e acqua, un equilibrio fragile che invece
sembra non avere fine, guardando i palazzi che ci circondano
testimoni di tempi e di epoche straordinarie e lontane.
Molte volte avrei voluto non essere nato a Venezia, poterci
arrivare un giorno e stupirmi, vederla con gli occhi di
un bimbo, invece la città in cui nasci e cresci ti abitua
ad essa, ti avvolge nella sua naturalezza. Una cosa per
me affascinante sono anche i cieli, mutanti ogni giorno,
dorati all'alba, rosati e viola al tramonto, di ghiaccio
d'inverno, azzurro tenue d'estate, bluastri nella tempesta,
qui li vedi estendersi, allargarsi a perdita d'occhio, fondersi
riflessi sull'acqua, eppure anche questo è così naturale
da non destare stupore. Ci siamo abituati a vivere troppo
bene in mezzo a tutto ciò da non rendercene conto. Certo
ci sono anche molti disagi, vivere in questa città non è
facile: folle di turisti, servizi poco agevoli, prezzi molto
alti, ma si sa esiste sempre anche il rovescio della medaglia
da non sottovalutare. Mi siedo e un'anziana signora si siede
sulla medesima panchina e mi racconta la storia del suo
cane. Non avevo chiesto nulla, eppure mi ha raccontato un
pezzetto della sua vita.
Venezia è anche così, fatta di gente umana, che ti guarda
negli occhi e parla con te.
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